martedì 9 giugno 2020

Sintesi finale -#STEP24

“Disegno” è una parola poliedrica. Negli ultimi mesi ho sviluppato diversi post in cui viene analizzata questa parola in tutte le sue possibili sfaccettature.

Il significato più generale di “disegno”, inteso come rappresentazione grafica, riguarda soprattutto il lato più artistico, pratico e tangibile del concetto. Non a caso, infatti, il termine deriva da designare, che in latino significa propriamente “tracciare”. Anche nelle lingue straniere, neolatine e non, il significato principale è legato alla pratica di fare segni e linee che nell’insieme hanno un senso preciso e un loro significato di esistere.  Ma il disegno non è solo legato all’arte, indica anche un’idea, un pensiero, un progetto per il futuro del pianeta, della società o semplicemente del singolo uomo.
La pratica del disegno ha radici antichissime, che risalgono sin all’epoca preistorica: infatti possiamo considerare le pitture rupestri come il primo approccio dell’essere umano alla rappresentazione grafica, dalla quale non si separerà mai. L’uomo infatti si è sempre servito della linea tracciata per rappresentare desideri, emozioni, storie, progetti utopistici, ma non solo: di fronte alle nuove tecnologie del XXI secolo, la pratica del disegno può sembrare obsoleta e infantile, eppure la sua forza comunicativa e la sua immediatezza vengono sfruttate dal mondo pubblicitario, cinematografico, giornalistico, letterario e matematico.

Il disegno è molto flessibile e si può applicare a qualsiasi campo, artistico e non: in ambito letterario, i poeti del ‘900, riprendendo il connubio tra poesia e arte promosso anche da Giacomo Leopardi, sviluppano una nuova forma di scrivere testi in linea con le tendenze dell’epoca, mentre, in ambito filosofico, la visione messianica della storia di Walter Benjamin si sviluppa a partire da un disegno di Paul Klee.

Il disegno ha accompagnato l'essere umano per tutta la sua esistenza, sviluppandone le capacità creative e costituendo uno dei passi fondamentali della sua evoluzione. Tramite le "tracce" grafiche lasciate dagli uomini, si può ripercorrere l'intera storia del genere e lo sviluppo della sua immaginazione. Perché l'uomo è nato per creare e immaginare, e il disegno è una delle prime forme tramite la quale può esprimere la sua vocazione, determinando un primo passo verso la sua felicità.


Disegno fatto con la tavola grafica


domenica 7 giugno 2020

Dino Buzzati e il disegno

«Pittura per me non è un hobby, ma un mestiere; hobby è scrivere. Ma dipingere e scrivere per me sono in fondo la stessa cosa. Che dipinga o che scriva io perseguo il medesimo scopo, che è quello di raccontare storie». 

Dino Buzzati fu uno dei più grandi autori fantastici del '900 italiano. Svolse la carriera di giornalista presso il Corriere della Sera per anni e, in contemporanea, scrisse romanzi e racconti, perlopiù surreali e realistico-magici, tanto da essere definito il "Kafka italiano".
Iniziò l'attività letteraria nel 1933, pubblicando Bàrnabo delle montagne, cui sono seguiti racconti di successo e numerosi romanzi tra i quali Il deserto dei Tartari che, per molti, resta il suo capolavoro. 

Buzzati, però, non si dedicò solo alla scrittura. Una delle sue più grandi passioni era proprio il disegno, che considerava come un secondo mestiere. Le sue opere pittoriche rivelano indizi interessanti sul modo dell'autore di vedere il mondo e sono fortemente legate alle atmosfere e alle situazioni dei suoi romanzi e dei suoi racconti. Le tematiche dei suoi primi dipinti, infatti, sono il fantastico, il destino, l'attesa, il mistero, protagonisti indiscussi delle sue opere. Il suo stile è particolare, vicino al Surrealismo.

Negli anni sessanta Buzzati inizia a sostituire le precedenti tematiche con nuovi argomenti, come la sessualità e il delitto, presenti nelle 208 tavole a colori del Poema a fumetti (immagine a lato). Quest'ultima è un'opera singolare che rielabora il mito di Orfeo ed Euridice in chiave moderna e introduce un nuovo connubio tra letteratura e disegno che rivela un altro lato di questo autore che tutti conosciamo. 
L'opera è considerata la prima graphic novel italiana e tra le prime nel panorama mondiale. 

Ma è il suo ultimo libro, I miracoli di Val Morel, quello in cui coniuga al meglio le sue due passioni. Lo stesso Buzzati definiva il suo «un racconto in trentanove piccoli capitoli, risolto più con le immagini che con le parole», a sottolineare ancora una volta l'importanza delle immagini e dei disegni, nella vita di Dino Buzzati come in quella dell'uomo in generale.



Il Duomo di Milano, 1958




  Fonti:

venerdì 5 giugno 2020

Serie tv: "Il Disegno" -#STEP22

EPISODIO 1 : UN COMPITO ATIPICO

L'ultima settimana di scuola, per uno studente dell'ultimo anno di liceo, è sempre la più emotiva. Cammini per i corridoi, in cerca di qualche sguardo empatico da parte dei tuoi compagni, invidi gli altri alunni più giovani, che guardano alla condanna della maturità come un presagio lontano, ti congratuli con te stesso per essere arrivato fino a quel punto. Ed è esattamente ciò che Paolo stava provando in quegli ultimi giorni. 

Paolo è uno studente capace, così interessato al mondo che lo circonda a tal punto che, quando si presenta un'occasione, un evento o uno scorcio temporale, particolarmente ghiotti, non riesce a controllare la sua matita e si lascia avvolgere dalla fantasia, producendo disegni di elevata portata emotiva, in primis, e artistica in seguito. Ovviamente questo suo talento non è passato in sordina. Il suo professore, il professor Sapienza, eccentrico personaggio che ama la materia che insegna alla follia, la storia dell’arte, se n'è reso conto già da tempo. E settimanalmente, ogni lunedì, indica un soggetto particolare, che dovrà essere al centro delle opere di Paolo, che stuzzicasse l’immaginazione del ragazzo. Ma essendo quello l'ultimo lunedì dell'anno, il professor Sapienza decide di assegnare il mirabile compito non solo a Paolo, ma a tutta la classe. Al momento della assegnazione del compito, sia il professore che Paolo si dilettavano nell'analisi degli sguardi increduli della classe. Come in ogni classe, soprattutto all'ultimo anno, l'evidenza del proprio carattere si fa più evidente, e Paolo, divertito da questo, si crogiolava nell'assistere allo sbigottito sguardo del suo compagno, un certo Riccardo Muti, da tutti chiamato Geometra, proprio per il suo atteggiamento analitico. S'immaginava il geometra alle prese con carta e penna a dover disegnare un soggetto totalmente astratto, ontologicamente indecifrabile, di pura essenza metafisica: il male sociale. 

EPISODIO 2: CLIC

Il male sociale è la sostanza di tutte quelle azioni, quegli eventi, quei comportamenti sociali, cioè che si compiono congiuntamente o nell'interesse di qualcun altro, considerati maligni. Voi potreste dire che la valutazione di cosa sia maligno è puramente soggettiva e di questo ve ne rendo conto. Per questo motivo, non dovrete figurare, nel vostro elaborato, un’azione, un evento o un comportamento sociale particolare, ad esempio un omicidio o un episodio razzista. Dovrete cercare di essere il più generali e astratti possibile. Buon lavoro ragazzi, ci vediamo domani.
Con queste parole, il professor Sapienza delineava, con un certo ghigno nascosto sotto i baffi, le linee guida dell'elaborato che dovranno produrre i giovani studenti. La reazione collettiva era già annunciata: il compito era troppo difficile, impossibile da consegnare per il giorno successivo. Per dei giovani educati alla semplificazione, alla unidirezionalità delle azioni e degli eventi, alla diretta constatazione dei fatti, non era cosa semplice, pensava il professore. Ma li voleva mettere alla prova, soprattutto il suo prediletto, Paolo.

Quel lunedì Paolo lo visse freneticamente. Alle 13.00, appena uscito da scuola, neanche si recò a casa per pranzare con la zia Concetta, conosciuta da tutti come Cetta. Invece, si rifugiò all'ombra di un albero del suo parco ormai frequentato quotidianamente in cerca di un'immediata ispirazione. Una, due, tre ore, ma ancora foglio bianco. Alle 17 circa, Paolo, inerme di fronte alla sua incapacità astrattiva, decise di rincasare e di prendersi il pomeriggio, per quel che ne restava, libero da ulteriori impegni. 
Come nei casi più celebri di artisti passati alla storia, è il lampo di genio, il momento di rottura, il clic decisivo che cambia l’andamento della sua vita. E quella notte, durante un sonno travagliato e pieno di ansie adolescenziali, il sogno si è fatto come vivo. E lì l'ispirazione. Alle 03.34 Paolo si sveglia. Raccatta in fretta e furia ciò che riusciva a scorgere nel buio, qualcosa che gli sembrasse vagamente una matita e un foglio su cui incidere la propria arte. E disegnò. Disegnò tutta la notte, tant'è che a scuola, il giorno dopo non ci andò nemmeno. 
Zia Cetta, che conosceva meglio di chiunque altro il carattere del nipote, si recò in presta mattinata in camera per accertarsi che stesse bene. Allo sbirciare dalla fessura della porta, la zia notò il disegno. E ne rimase folgorata. Non servivano spiegazioni ulteriori. Era già intuibile da sé il significato di ciò che da lì a poco sarebbe diventata un'autentica opera d'arte. Notò inoltre un post-it lasciato accanto al disegno, con su scritto “Sapienza”. Di lì, l'intuizione che avrebbe cambiato la vita a Paolo. Zia Cetta, a costo di recarsi a lavoro con ritardo, andò a scuola a consegnare il disegno al professor Sapienza. Stessa reazione. Folgorazione istantanea e incapacità di esprimersi con senso. Il disegno di Paolo, che quel giorno neanche era a scuola, era diventato un simbolo all'interno della scuola, dal momento che era stato affisso all'ingresso dell'edificio. Tra scatti e selfies, la foto del suo disegno affisso davanti a scuola, arrivò, nel primo pomeriggio, anche a lui. Paolo detestava la notorietà. Era sì un bel ragazzo, alto, magro, dallo sguardo profondo, ma mai troppo inquisitore, sempre alla ricerca del dettaglio nascosto, ma odiava essere al centro. La sua vita, nei suoi primi 18 anni, era stata complicata e verace: gli aveva tolto madre e padre in un incidente stradale e, qualche anno prima, anche il fratello maggiore in una strage di mafia. Paolo conosceva il male sociale, lo aveva affrontato e ora lo aveva raffigurato. Per questo motivo, decise di chiedere al suo amico Federico di non apporre la sua firma, ma di dire che non si sapesse di chi fosse, seppur consapevole del fatto che la sua opera avrà una risonanza elevata da qui a breve. Senza mezzi termini, Paolo, aveva dato una svolta alla sua vita. 

EPISODIO 3: UN SUCCESSO IN INCOGNITO

Anche il professor Sapienza, che sapeva di chi fosse l'opera, aveva capito che Paolo non avrebbe voluto tale fama. Perciò cancellò la firma. L'eco mediatico dell'opera si faceva dirompente, intanto che i giorni passavano. Il successo non era, ora, solo a livello scolastico, ma anche a livello cittadino, regionale e nazionale. Telegiornali e giornalisti accorrevano per vedere l'opera, per riportare il significato che, secondo loro, poteva permeare quel disegno così esplicito, ma così cupo, oscuro in certi frangenti. 
Il professor Sapienza non esitò a contattare in privato il giovane artista. “So che sei tu. Il disegno me lo ha portato tua zia.”continuava a ripetere il professore. “Dovresti sfruttare l'occasione per risollevare la tua vita, Paolo, costruirtene una nuova.” Di fronte a questi incoraggiamenti solo il silenzio. La messa a punto dei consigli del professore, sembrava non scalfire, in alcun modo, la volontà di Paolo, che cercava solamente di evitare queste situazioni sgradevoli e di continuare la propria vita in incognito, ai lati della “vera esistenza”, trovava solo conforto nell'anonimato, nell'adattamento all'ombra del suo successo.  
Per lui il male sociale era proprio il successo, la conformazione alla virtù, falsa, della accondiscendenza sociale, diventare a tutti costi un uomo socialmente affermato per poi, magari, finire dietro una scrivania con la scoliosi a 33 anni. 

L'opera di Paolo farà il giro del mondo, riceverà offerte milionarie da enti artistici di fama mondiale, da multinazionali potenti, senza, però, che queste richieste riscontrassero un interlocutore. Dell'artista si saprà nulla, della sua opera, nell'arco degli anni, solo cifre astronomiche attorno al suo valore. L'arte, secondo Paolo, arte doveva rimanere, statica nella sua dinamicità estesa come validità universale nel tempo. Senza ulteriori aggiustamenti. Solo una postilla, che verrà affissa sotto l'opera, verrà aggiunta pochi anni più tardi: “Io, come voi, vivo la mia esistenza nell'incognito, poiché è da lì che il male sociale nasce ed è da lì che perirà.


lunedì 1 giugno 2020

I disegni "surreali" di Grandville

"Ci sono persone superficiali che considerano Grandville divertente, ma per quanto mi riguarda, mi spaventa. Quando osservo il lavoro di Grandville, provo un certo disagio, come in un appartamento dove il disordine è organizzato sistematicamente, dove bizzarre cornici poggiano sul pavimento, i quadri sembrano distorti da una lente ottica, gli oggetti si deformano per essere ammassati verso angoli inusuali, i mobili stanno coi piedi all'aria e i cassetti si spingono dentro al mobile invece di esserne estratti."
(Commento di Charles Baudelaire sulle opere del disegnatore francese Grandville)

Jean-Ignace-Isidore Gérard, noto anche con lo pseudonimo di Grandville, è stato uno dei caricaturisti più originali e apprezzati nel XIX secolo. Considerato uno dei padri del Surrealismo, il suo lavoro ha ispirato l'illustratore britannico John Tenniel nella creazione dei vari personaggi animaleschi per il romanzo Alice nel Paese delle Meraviglie e la serie a fumetti Grandville, di Bryan Talbot.

Le sue opere più note, infatti, erano quelle in cui gli animali interpretavano dei ruoli umani: le analogie tra i suoi personaggi e gli strani corrispondenti animali a loro assegnati erano particolarmente amate dal pubblico, che le riteneva stravaganti ma incredibilmente innovative. Nel 1829, raggiunge la fama con Les Métamorphoses du jour, una serie di settantacinque scene in cui i personaggi venivano ritratti con corpi da uomini e con volti animali. Questi disegni, si distinguono soprattutto per la straordinaria capacità dell'artista di riprodurre tratti umani in volti animali.

L'opera più visionaria e celebre di Grandville è Un autre monde, un romanzo illustrato il cui testo è stato affidato a Taxile Delord

"La trama consiste in una serie di avventure dei tre protagonisti, il dottor Puff, un truffatore che concepisce l’idea di fondare la nuova religione neopagana insieme a due amici: Krackq, un marinaio il cui biglietto da visita lo identifica come “Professore di nuoto”, e Hahblle, ex direttore di coro e compositore fallito, il cui desiderio è quello di rivoluzionare la scala musicale riconoscendo l’importanza filosofica del sol. Insieme decidono di esplorare l’universo per vendere le loro storie a un editore. Questi antieroi scoprono un altro mondo. Anzi, scoprono diversi altri mondi, ognuno dei quali è una satira sottilmente velata di quello reale."

domenica 31 maggio 2020

L'etica del disegno -#STEP21

L'arte del disegno è estremamente ampia; tramite una serie di linee è possibile rappresentare i soggetti e i concetti più svariati per moltissimi scopi diversi. In altri post ho individuato varie applicazioni del disegno per scopi benefici, come rendere omaggio a qualcuno, intrattenere, arricchire, ringraziare, studiare, insegnare, raccontare

Tuttavia, esistono disegni i cui propositi e/o soggetti possono risultare oltraggiosi e scatenare controversie. Se si tratta poi di disegni pubblicati su scala internazionale e visti da milioni di persone, gli effetti causati da un'immagine offensiva possono essere gravissimi, talvolta catastrofici.
Ne è un esempio la serie di attacchi e attentati alla sede di Charlie Hebdo, periodico satirico settimanale francese dallo spirito "caustico e irriverente". La testata, fondata nel 1970, pubblica vignette e articoli caustici e dissacranti nei riguardi della politica (soprattutto soggetti di estrema destra) e ogni tradizione religiosa (in particolare il cristianesimo, l'Islam e l'ebraismo). 

La testata è sempre stata mal vista dagli estremisti islamici, i quali ritenevano alcune vignette riguardanti la loro religione offensive e oltraggiose. Ad esempio l'immagine riportata a lato è una vignetta pubblicata dal giornale Jyllands-Posten, rappresentante Maometto che dice "100 frustate se non muori dalle risate". Tale vignetta aveva scatenato forti proteste, e venne ripubblicata da Charlie Hebdo, modificando il titolo in "Charia Hebdo", gioco di parole tra Shari'a e il nome del giornale.

"Il 7 gennaio 2015, attorno alle ore 11.30, un commando di due uomini armati con fucili d'assalto Kalashnikov fece irruzione nei locali della sede del giornale, durante la riunione settimanale di redazione, sparando sui presenti. Nell'attentato, che è stato rivendicato da Al-Qāʿida nella Penisola Arabica (o Ansar al-Sharia), branca yemenita dell'organizzazione stessa, sono morte dodici persone e undici sono rimaste ferite."

Sull'argomento "etica e satira" ho trovato un articolo con un'intervista al professore e giornalista Sergio Gessi in cui si discute ampiamente il tema della libertà di espressione, con particolare riguardo all'attentato a Charlie Hebdo.

Fonti:


giovedì 28 maggio 2020

Giacomo Leopardi e le arti figurative -#STEP20

Si parla poco, o non si parla affatto, del rapporto che Giacomo Leopardi aveva con l'estetica e, più precisamente, con le arti figurative. In un articolo pubblicato sulla rivista semestrale "XY dimensioni del disegno", scritto da Paolo Belardi, docente di composizione architettonica e urbana a Perugia, viene sottolineato il profondo interesse che il poeta nutriva per il disegno e per le arti figurative in genere.

Nello Zibaldone è presente una riflessione datata 12 luglio 1820, in cui Leopardi distingue le
pertinenze disciplinari della rappresentazione e della letteratura:

Incisione di Gaetano Guadagnini (Bologna
1800-1860) dal disegno di Luigi Lolli
"il racconto è uffizio della parola, la descrizione del disegno (eseguito in qualunque modo). Quindi non è maraviglia che quello sia più facile di questa al parlatore. E questa è una delle primarie cagioni per cui era falso ed assurdo quel genere di poesia poco fa tanto in pregio e in uso appresso gli stranieri massimamente, che chiamavano descrittiva. Perché quantunque il poeta o lo scrittore possa bene assumere anche l'uffizio di descrivere, è da stolto farne professione, non essendo uffizio proprio della poesia, e quindi non è possibile che non ne risulti affettazione e ricercatezza, e stento, volendolo fare per istituto e per argomento, lasciando stare la noia che deve nascere dalla lettura di una poesia tutta diretta a un uffizio proprio di un' altra arte, e perciò e inferiore a questa, malgrado qualunque studio, e stentata, e tediosa per la continuazione di una cosa che non appartenendole, non può esser troppo lunga, al contrario di quelle che le appartengono, nelle quali nessuno biasima che [la] poesia si ravvolga tutta intera" (Zib., I, p. 79.)

Tuttavia, come si può evincere dalla riflessione appena riportata, l'interesse di Leopardi per il disegno e le arti figurative nasce in funzione della poesia e della letteratura, la quale, ovviamente, era la forma di espressione prediletta dall'autore.

Eppure la formazione intellettuale di Leopardi comprendeva anche l'apprendimento della pratica del disegno: il celebre poeta, infatti, produsse a sua volta disegni a penna e ritratti, oltre a sviluppare un certo interesse per l'ottica, l'urbanistica e l'illusionismo.
Questa pluralità di interessi conferma inequivocabilmente l'intento tipicamente leopardiano di essere innanzitutto padrone della tecnica in ogni campo dello scibile, in modo da affrancare lo spirito creativo da eventuali condizionamenti e limitazioni, in modo da ampliare gli orizzonti del pensiero umano verso l'infinito.

mercoledì 27 maggio 2020

La città ideale -#STEP19

"Una città ideale è il concetto di un insediamento urbano (progettato, o solo immaginato, raramente messo in pratica) il cui disegno urbanistico riflette, secondo uno schema prevalentemente geometrico, criteri e principi astratti di razionalità e funzionalità, o un'impostazione scientifica. Questi caratteri spesso si accompagnano a una tensione ideale e filosofica, o a una forte carica utopica."

 Città ideale (fine XV sec.), dipinto di anonimo fiorentino, conservato al Walters Art Museum di Baltimora.

Il tema della città ideale è il frutto dell'unione tra due elementi insiti nella natura dell'essere umano: la capacità immaginativa e il desiderio di ordine e perfezione. Infatti, i progetti per una società ideale risalgono sin dall'antichità, per esempio ne troviamo tracce nel pensiero di Platone, e si sono sviluppati sino ai giorni nostri, adeguandosi alle necessità di ogni epoca in cui sono stati tracciati.


In epoca rinascimentale, la città riacquista il ruolo di perimetro e crocevia dell'agire storico dell'uomo: nello spazio delimitato della "città" dovevano idealmente convergere diverse aspirazioni ed esigenze, sia funzionali che estetiche.

Ovviamente, il tema della città ideale suscitò particolare interesse in una delle figure più importanti del '500 italiano: Leonardo da Vinci.
Leonardo voleva una città comoda e spaziosa, ben ordinata nelle strade, con alte mura, torri e merli che sopperissero alle necessità ma che allo stesso tempo donassero una certa bellezza architettonica allo spazio urbano. 
Ricercò un'organizzazione dello spazio perlopiù funzionale, in modo da dar soluzione ai diversi problemi della vita quotidiana, per esempio il traffico, gli approvvigionamenti e le esigenze igienico-sanitarie.
Vista la necessità di proteggere la popolazione dalle malattie contagiose, propose un tessuto urbano molto più aperto, caratterizzato da strade ampie e rettilinee e da una presenza capillare di corsi d'acqua, navigabili e regolati da chiuse e conche. La città, infatti, sarebbe sorta in prossimità di un fiume, la cui acqua sarebbe stata convogliata nel centro abitato mediante una rete di canali, grazie ai quali si provvedeva innanzitutto alla pulizia e al deflusso dei liquami, per i quali venne studiato un vero e proprio sistema fognario sviluppato a livello sotterraneo. I canali assunsero anche altre importanti funzioni come quella di garantire le comunicazioni e di agevolare gli approvvigionamenti.

Leonardo da Vinci, città su due livelli,
Manoscritto B dell'Institut de France di Parigi




martedì 26 maggio 2020

L' "Angelus novus" e il concetto di "storia" di Walter Benjamin -#STEP18

"C’è un quadro di Klee che s’intitola "Angelus Novus". Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che gli non può chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta." (Tesi di filosofia della storia, 1940)

Angelus Novus, Paul Klee, 1920,
The Israel Museum, Jerusalem
Da un disegno apparentemente semplice scaturisce una riflessione molto profonda, filosofica ma anche fisica, sul concetto di "storia" e di "tempo".
In queste parole, il filosofo e critico letterario Walter Benjamin esplica la sua visione messianica della storia, determinata dal concetto di "tempo-ora".
Benjamin ritiene che il tempo non sia costituito da una sorta di linea che procede in una direzione, come viene spesso rappresentato nei libri di storia o nei grafici dei processi fisici. Anzi, per Benjamin è falso che la storia sia un processo continuo e uniforme nel tempo. Inoltre, ritiene che tale processo non sia accrescitivo e progressivo, e che è quindi insensata la pratica dell'uomo di collocare progetti e aspirazioni in "avanti". 
Secondo Benjamin, "alla redenzione umano-sociale si deve essere spinti, invece, dalla visione del passato, fatto da cumuli di rovine e così orrendo esercitare in chi sa voltarsi a guardarlo, come l'Angelus Novus, una spinta irresistibile verso un futuro diverso."
Il passato a cui guarda il soggetto dell'opera di Klee non è un dato fissato e immobile, ma si inserisce anche nel futuro, nella
"vita postuma" dell'accadere storico.

sabato 23 maggio 2020

Teatri di macchine

I “Teatri di macchine" sono libri del '500 caratterizzati da un grande numero di immagini per raggiungere vasti pubblici. Sono libri a stampa, riccamente illustrati, che aprendosi al lettore come si apre il sipario sulla scena (e molti nel frontespizio ripropongono le architetture teatrali) lo introducono ai saperi più nuovi e curiosi.
Il genere dei “teatri” ha mantenuto grande successo per tutto il Sei e Settecento.

In questi libri, i tecnici e gli ingegneri promuovono le proprie innovazioni, descrivendo le macchine e gli strumenti attraverso il linguaggio del disegno tecnico: per la prima volta appaiono le proporzioni tra la rappresentazione di una macchina e la realtà, e i disegni non sono più in prospettiva, ma in assonometria, la quale rende possibile la misura della terza dimensione. Il disegno tecnico, da semplice raffigurazione, diventa modello di un oggetto che può essere costruito.

Dalla metà del Cinquecento le biblioteche si arricchiscono di teatri del mondo, delle città, anatomici, geografici, astronomici, chimici, botanici, farmaceutici, matematici.
Il primo a inaugurare questo "genere" fu Jacques Besson, matematico francese (Lione, 1569), a cui seguiranno Agostino Ramelli, Vittorio Zonca, Giovanni Branca, per citarne alcuni.

Inizialmente all'interno di questi volumi si trovavano disegni perlopiù naturalistici, con operai che muovevano le macchine per spiegarne l'applicazione e il funzionamento, ed erano spesso accompagnati da didascalie brevi e precise, in modo da lasciar parlare l'immagine il più possibile.
Verso l'inizio del '700, invece, si hanno disegni più ingegneristici, precisi e accurati, spiegati da didascalie approfondite.

Due volumi importanti del ‘600 sono il Novo Teatro di Machine et Edificii  di Vittorio Zonca del 1607 e il Theatrum machinarum novum di Georg Andreas Bockler del 1662.
Macchina da stampa per libri



Quello dello Zonca, stampato postumo, è il primo “teatro di macchine” che spiega in modo approfondito le ragioni del funzionamento dei congegni illustrati.
In questa opera troviamo misurazioni in scala, e alcune descrizioni di macchine realmente esistite.
Poco sappiamo della vita dell’autore: egli fu forse scultore, e divenne architetto della città di Padova e responsabile delle grandi opere tecniche dell'arsenale della Repubblica di Venezia.
La sua opera affascinò profondamente il Galilei che in quegli anni insegnava architettura militare.
Morì a soli 34 anni. La sua opera fu innovativa per la presenza della "legenda" e per la "scala grafica" che appare per la prima volta.




Mulino a vento

 Bockler fu un architetto e ingegnere tedesco specializzato in   idraulica. Lavorò nella città di Norimberga e nel 1661 scrisse   il Theatrum Machinarum Novum, un importante lavoro su mulini,   pompe e altre macchine idrauliche.
 Le 154 tavole incise presenti nell'opera mostrano nel dettaglio tutti   gli elementi meccanici, anticipando la chiarezza espositiva delle   illustrazioni dell'Encyclopedie, che possono essere considerate   apogeo e fine del genere dei teatri.


mercoledì 20 maggio 2020

L'origine del fumetto: Thomas le Myésier

Ramon Lull (italianizzato in Raimondo Lullo, 1232-1316) fu teologo, filosofo, mistico e missionario catalano la cui missione principale era convertire gli ebrei e gli islamici al cristianesimo: in questa prospettiva elaborò la sua ars combinatoria, una logica universale, capace di scoprire e dimostrare la verità partendo dai termini semplici e combinandoli in modo matematico. La logica combinatoria di Lullo e le sue tecniche di memoria ebbero larga influenza sino al 17° secolo.

Thomas Le Myésier (? - Arràs, 11 settembre 1336) era un discepolo di Ramon Llull che compilò le opere del suo maestro, l'Electorium, oltre a coordinare la creazione del sommario con miniature di la vita di Llull, il Breviculum.




Il prezioso Breviculum, oggi conservato presso la Badische Landesbibliotek di Karlsruhe (si può vedere e scaricare qui) è “un’edizione in figura” composta da 12 illustrazioni a piena pagina, concepite e ordinate graficamente da Thomas Le Myésier per divulgare la vita e l’opera di Lullo. E' un manoscritto in cui l'autore fa largo uso di immagini, spesso accompagnate da didascalie, di cui si serve per trasporre in forma visiva i concetti espressi dal suo maestro. Le parole escono dalla bocca dei personaggi, come in una sorta di fumetto: Le Myésier guida il lettore a una corretta lettura temporale e sequenziale, attraverso una “visualizzazione del dialogo” tra i personaggi raffigurati, che scandisce l’ordine dei “parlanti” con lettere (a, b…) e distingue i dialoghi e le didascalie esplicative con inchiostri di diverso colore (rosso, nero, verde).

La tavola è quasi sempre divisa in due o tre “vignette” ripartite verticalmente che definiscono ruoli, importanza e posizione sociale degli “attori” ma indicano anche tempi diversi dell’azione. Per marcare i confini spaziali e temporali, inoltre, utilizza “artifici” grafici che diventano veri e propri elementi e oggetti della scena (alberi, colonne, torri, scale appoggiate, aste di bandiere, bastoni regali). Ma Le Myésier applica anche una sorta di metagrafica fatta di grafi e “schemi e dispositivi allegorici” disponendo i principi lulliani in ordine gerarchico, e anticipa le frecce direzionali usate per suggerire - quando potrebbe risultare ambiguo - l’ordine di lettura delle vignette a fumetti.

Nell'opera di Le Myésier, forme di scrittura e forme parlanti convivono o si alternano in un confine labile tra scrittura e oralità: nelle immagini del Breviculum la parola disegnata come raffigurazione grafica di ciò che si dice rimanda alla tradizione dell’oralità, e la predicazione religiosa scritta in latino si sposa a una traduzione più comprensibile, “fumettata”, in lingua volgare, assumendo una funzione più teatrale.



Fonti:

lunedì 18 maggio 2020

L'abbecedario del disegno -#STEP17

A                                                   H                                              Q
Arte                                              Hobby                                    Quadro

B                                                   I                                               R
Bozzetto                                       Immaginazione                   Rappresentazione

C                                                   L                                             S
Calcolo grafico                            Le Myésier Thomas               Studio

D                                                   M                                            T
Divino                                          Minimalismo                        Taccuino

E                                                   N                                              U
Escher M.C.                                 Nero                                        Urbanistica   

F                                                   O                                             V
Fumetto                                        Ombra                                   Vignetta

G                                                  P                                              Z
Geometria                                    Progetto                                 Zonca Vittorio



domenica 17 maggio 2020

Milo Manara: "Lockdown Heroes"

Gli eroi al femminile della lotta contro il Coronavirus diventano un libro grazie alla matita di Milo Manara. Per Feltrinelli Comics uscirà "Lockdown Heroes", che raccoglie le illustrazioni realizzate durante l'emergenza. Grazie a un progetto del disegnatore, in collaborazione con Feltrinelli Comics e dedicato alle donne in prima linea contro il virus, verranno donati in beneficenza agli ospedali di Milano, Napoli e Padova parte dei ricavi delle vendite del volume.

Articolo: https://tg24.sky.it/lifestyle/2020/05/15/coronavirus-milo-manara-lockdown-heroes