EPISODIO 1 : UN COMPITO ATIPICO
L'ultima settimana di scuola, per uno studente dell'ultimo anno di liceo, è sempre la più emotiva. Cammini per i corridoi, in cerca di qualche sguardo empatico da parte dei tuoi compagni, invidi gli altri alunni più giovani, che guardano alla condanna della maturità come un presagio lontano, ti congratuli con te stesso per essere arrivato fino a quel punto. Ed è esattamente ciò che Paolo stava provando in quegli ultimi giorni.
Paolo è uno studente capace, così interessato al mondo che lo circonda a tal punto che, quando si presenta un'occasione, un evento o uno scorcio temporale, particolarmente ghiotti, non riesce a controllare la sua matita e si lascia avvolgere dalla fantasia, producendo disegni di elevata portata emotiva, in primis, e artistica in seguito. Ovviamente questo suo talento non è passato in sordina. Il suo professore, il professor Sapienza, eccentrico personaggio che ama la materia che insegna alla follia, la storia dell’arte, se n'è reso conto già da tempo. E settimanalmente, ogni lunedì, indica un soggetto particolare, che dovrà essere al centro delle opere di Paolo, che stuzzicasse l’immaginazione del ragazzo. Ma essendo quello l'ultimo lunedì dell'anno, il professor Sapienza decide di assegnare il mirabile compito non solo a Paolo, ma a tutta la classe. Al momento della assegnazione del compito, sia il professore che Paolo si dilettavano nell'analisi degli sguardi increduli della classe. Come in ogni classe, soprattutto all'ultimo anno, l'evidenza del proprio carattere si fa più evidente, e Paolo, divertito da questo, si crogiolava nell'assistere allo sbigottito sguardo del suo compagno, un certo Riccardo Muti, da tutti chiamato Geometra, proprio per il suo atteggiamento analitico. S'immaginava il geometra alle prese con carta e penna a dover disegnare un soggetto totalmente astratto, ontologicamente indecifrabile, di pura essenza metafisica: il male sociale.
EPISODIO 2: CLIC
“Il male sociale è la sostanza di tutte quelle azioni, quegli eventi, quei comportamenti sociali, cioè che si compiono congiuntamente o nell'interesse di qualcun altro, considerati maligni. Voi potreste dire che la valutazione di cosa sia maligno è puramente soggettiva e di questo ve ne rendo conto. Per questo motivo, non dovrete figurare, nel vostro elaborato, un’azione, un evento o un comportamento sociale particolare, ad esempio un omicidio o un episodio razzista. Dovrete cercare di essere il più generali e astratti possibile. Buon lavoro ragazzi, ci vediamo domani.”
Con queste parole, il professor Sapienza delineava, con un certo ghigno nascosto sotto i baffi, le linee guida dell'elaborato che dovranno produrre i giovani studenti. La reazione collettiva era già annunciata: il compito era troppo difficile, impossibile da consegnare per il giorno successivo. Per dei giovani educati alla semplificazione, alla unidirezionalità delle azioni e degli eventi, alla diretta constatazione dei fatti, non era cosa semplice, pensava il professore. Ma li voleva mettere alla prova, soprattutto il suo prediletto, Paolo.
Quel lunedì Paolo lo visse freneticamente. Alle 13.00, appena uscito da scuola, neanche si recò a casa per pranzare con la zia Concetta, conosciuta da tutti come Cetta. Invece, si rifugiò all'ombra di un albero del suo parco ormai frequentato quotidianamente in cerca di un'immediata ispirazione. Una, due, tre ore, ma ancora foglio bianco. Alle 17 circa, Paolo, inerme di fronte alla sua incapacità astrattiva, decise di rincasare e di prendersi il pomeriggio, per quel che ne restava, libero da ulteriori impegni.
Come nei casi più celebri di artisti passati alla storia, è il lampo di genio, il momento di rottura, il clic decisivo che cambia l’andamento della sua vita. E quella notte, durante un sonno travagliato e pieno di ansie adolescenziali, il sogno si è fatto come vivo. E lì l'ispirazione. Alle 03.34 Paolo si sveglia. Raccatta in fretta e furia ciò che riusciva a scorgere nel buio, qualcosa che gli sembrasse vagamente una matita e un foglio su cui incidere la propria arte. E disegnò. Disegnò tutta la notte, tant'è che a scuola, il giorno dopo non ci andò nemmeno.
Zia Cetta, che conosceva meglio di chiunque altro il carattere del nipote, si recò in presta mattinata in camera per accertarsi che stesse bene. Allo sbirciare dalla fessura della porta, la zia notò il disegno. E ne rimase folgorata. Non servivano spiegazioni ulteriori. Era già intuibile da sé il significato di ciò che da lì a poco sarebbe diventata un'autentica opera d'arte. Notò inoltre un post-it lasciato accanto al disegno, con su scritto “Sapienza”. Di lì, l'intuizione che avrebbe cambiato la vita a Paolo. Zia Cetta, a costo di recarsi a lavoro con ritardo, andò a scuola a consegnare il disegno al professor Sapienza. Stessa reazione. Folgorazione istantanea e incapacità di esprimersi con senso. Il disegno di Paolo, che quel giorno neanche era a scuola, era diventato un simbolo all'interno della scuola, dal momento che era stato affisso all'ingresso dell'edificio. Tra scatti e selfies, la foto del suo disegno affisso davanti a scuola, arrivò, nel primo pomeriggio, anche a lui. Paolo detestava la notorietà. Era sì un bel ragazzo, alto, magro, dallo sguardo profondo, ma mai troppo inquisitore, sempre alla ricerca del dettaglio nascosto, ma odiava essere al centro. La sua vita, nei suoi primi 18 anni, era stata complicata e verace: gli aveva tolto madre e padre in un incidente stradale e, qualche anno prima, anche il fratello maggiore in una strage di mafia. Paolo conosceva il male sociale, lo aveva affrontato e ora lo aveva raffigurato. Per questo motivo, decise di chiedere al suo amico Federico di non apporre la sua firma, ma di dire che non si sapesse di chi fosse, seppur consapevole del fatto che la sua opera avrà una risonanza elevata da qui a breve. Senza mezzi termini, Paolo, aveva dato una svolta alla sua vita.
EPISODIO 3: UN SUCCESSO IN INCOGNITO
Anche il professor Sapienza, che sapeva di chi fosse l'opera, aveva capito che Paolo non avrebbe voluto tale fama. Perciò cancellò la firma. L'eco mediatico dell'opera si faceva dirompente, intanto che i giorni passavano. Il successo non era, ora, solo a livello scolastico, ma anche a livello cittadino, regionale e nazionale. Telegiornali e giornalisti accorrevano per vedere l'opera, per riportare il significato che, secondo loro, poteva permeare quel disegno così esplicito, ma così cupo, oscuro in certi frangenti.
Il professor Sapienza non esitò a contattare in privato il giovane artista. “So che sei tu. Il disegno me lo ha portato tua zia.”continuava a ripetere il professore. “Dovresti sfruttare l'occasione per risollevare la tua vita, Paolo, costruirtene una nuova.” Di fronte a questi incoraggiamenti solo il silenzio. La messa a punto dei consigli del professore, sembrava non scalfire, in alcun modo, la volontà di Paolo, che cercava solamente di evitare queste situazioni sgradevoli e di continuare la propria vita in incognito, ai lati della “vera esistenza”, trovava solo conforto nell'anonimato, nell'adattamento all'ombra del suo successo.
Per lui il male sociale era proprio il successo, la conformazione alla virtù, falsa, della accondiscendenza sociale, diventare a tutti costi un uomo socialmente affermato per poi, magari, finire dietro una scrivania con la scoliosi a 33 anni.
L'opera di Paolo farà il giro del mondo, riceverà offerte milionarie da enti artistici di fama mondiale, da multinazionali potenti, senza, però, che queste richieste riscontrassero un interlocutore. Dell'artista si saprà nulla, della sua opera, nell'arco degli anni, solo cifre astronomiche attorno al suo valore. L'arte, secondo Paolo, arte doveva rimanere, statica nella sua dinamicità estesa come validità universale nel tempo. Senza ulteriori aggiustamenti. Solo una postilla, che verrà affissa sotto l'opera, verrà aggiunta pochi anni più tardi: “Io, come voi, vivo la mia esistenza nell'incognito, poiché è da lì che il male sociale nasce ed è da lì che perirà.”